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Il TFM è deducibile per l'azienda con atto avente data certa realizzato prima dell'incarico dell'amministratore. Questi, tassa il compenso in modo posticipato al momento dell'incasso, ovvero al termine del mandato societario.
La possibilità di attribuzione del trattamento di fine mandato all’amministratore di società di capitali rappresenta una possibilità di ottimizzazione fiscale che dovrebbe essere attentamente valutata da ogni azienda. Infatti, lo statuto o l’assemblea dei soci hanno la possibilità di prevedere per gli amministratori l’attribuzione di un trattamento di fine mandato (TFM), che consente loro la possibilità di fruire di un compenso differito nel tempo, il quale sarà oggetto di tassazione al momento dell’effettiva percezione, ovvero al termine del mandato. Allo stesso tempo la società erogante ha la possibilità di dedurre l’accantonamento stanziato secondo il principio di competenza (a differenza di quanto avviene per l’ordinario compenso amministratore).
Naturalmente, la possibilità di sfruttare l’accantonamento di fine mandato degli amministratori deve essere attentante valutata, anche in relazione agli specifici requisiti che occorre verificare per non incorrere in problematiche fiscali. Come vedremo, infatti, deve essere adottato un preciso schema affinché non possa essere contestato alla società, l’indebito utilizzo di questo strumento in bilancio. Infatti, l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda proprio la deducibilità dell’accantonamento stanziato in bilancio che, di fatto, riduce il reddito imponibile della società erogante. Può capitare, infatti, che l’impresa possa freddolosamente attribuire nell’anno di maggiori utili accantonamenti al TFM, al fine di sfruttarne la deducibilità fiscale. Ebbene, tali politiche di bilancio, non sono permesse, a meno che non venga seguita una precisa procedura.
Sulla tassazione del Trattamento di Fine Mandato in tema di rinuncia e di società estinta è intervenuta la Corte di Cassazione e l’Agenzia delle Entrate.
Andiamo ad analizzare quindi, di seguito, i principali profili fiscali che riguardano l’accantonamento al trattamento di fine mandato dell’amministratore di società di capitali.ndice degli Argomenti
Che cosa è il trattamento di fine mandato?
Il “trattamento di fine mandato dell’amministratore” si riferisce generalmente a una serie di benefici o compensi che vengono concessi a un amministratore di una società, ente o organizzazione al termine del suo incarico. Questo trattamento può includere vari elementi, a seconda della normativa, del contratto stipulato e delle prassi dell’organizzazione.
Il trattamento di fine mandato è riconducibile ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 50, co. 1, lett. c-bis), del TUIR e, cioè, alle somme e valori a qualunque titolo percepiti in relazione agli uffici di amministratore, sempreché tali uffici non rientrino nell’oggetto dell’arte o professione di cui all’art. 53, co. 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente.
Il trattamento di fine mandato (TFM) è un compenso aggiuntivo a quello ordinario che le aziende possono decidere di corrispondere agli amministratori al termine del loro mandato
L’attribuzione del trattamento di fine mandato è stabilito dallo statuto sociale e poi dall’assemblea dei soci, per un ammontare determinato tenendo conto delle dimensioni aziendali, del volume d’affari e della complessità legata alla gestione della società. Questo significa che deve essere data rilevanza all’importo stanziato come trattamento di fine mandato. Tale importo deve essere determinato andando ad individuare parametri quanto più oggettivi possibile per poter poi dimostrare le valutazioni effettuate in sede di controllo.
Il trattamento di fine mandato rappresenta, per gli amministratori, un compenso aggiuntivo a quello ordinario. Non è specificatamente disciplinato da una norma ma la sua disciplina è rinvenibile dal combinato disposto degli art. 2120 e il 2364 c.c. in base ai quali la società può stabilire un compenso aggiuntivo e differito per i propri amministratori simile al trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (TFR).
È importante ricordare che anche se viene corrisposto agli amministratori alla fine del loro mandato, la sua erogazione deve essere stabilita nell’atto costitutivo e da una delibera assembleare.
Nel paragrafo precedente abbiamo sottolineato il fatto che il trattamento di fine mandato deve essere stabilito dallo statuto sociale e poi dall’assemblea dei soci. La previsione statutaria del TFM è fondamentale per il suo riconoscimento. Per questo motivo possiamo evidenziare come nelle SRLs non sia applicabile la disciplina sul TFM in quanto non trova spazio all’interno dello statuto standard previsto per questa tipologia societaria.
L’articolo 105, comma 4, del DPR n. 917/86 (TUIR) consente la deducibilità dell’accantonamento per l’indennità di fine mandato degli amministratori. A differenza di quanto previsto per i compensi in natura fissa erogati agli amministratori, per i quali vige il criterio di cassa, la deducibilità delle quote di indennità di fine mandato è riconosciuta in base al principio di competenza, ovvero sulla base dell’importo maturato in ciascun esercizio. In pratica, la quota del trattamento di fine mandato degli amministratori può essere assimilata all’accantonamento annuo al TFR per i dipendenti.
In particolare, l’art. 105 co. 4 del TUIR prevede la deducibilità per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all’art. 17 co. 1 lett. c), d) e f). In particolare, la lettera c) riguarda, le indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al co. 1 lett. c-bis) dell’art. 50 del TUIR (tra cui rientrano anche quelle per gli amministratori), per le quali opera la tassazione separata se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. In mancanza di tale documento, l’accantonamento è indeducibile per competenza. Questo significa che la deducibilità è ammessa solo in sede di effettiva erogazione (pagamento all’amministratore), quindi secondo il principio di cassa.
La deducibilità fiscale degli accantonamenti al trattamento di fine mandato dell’amministratore è subordinata al fatto che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto. Secondo l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 211/E/2008 e n. 124/E/2017), per effetto del richiamo operato dall’art. 105 co. 4 all’art. 17 del TUIR, la deducibilità degli accantonamenti per indennità di fine mandato degli amministratori è subordinata alla circostanza che il diritto all’indennità risulti da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto, con la conseguenza che, qualora detta condizione non si verifichi, l’accantonamento è indeducibile. Al verificarsi di questa casistica l’onere sostenuto dalla società è deducibile solo al momento dell’erogazione dell’indennità all’amministratore.
Questo aspetto è fondamentale nell’elaborare una pianificazione fiscale corretta. Infatti, affinché possa essere invocata la deducibilità degli accantonamenti in base al principio di competenza ex art. 105 co. 4 del TUIR, ai fini della sussistenza dell’atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto non è sufficiente una generica determinazione di attribuzione del TFM a ciascuno degli amministratori in sede di nomina dei membri del Consiglio di amministrazione, senza specificazione del relativo importo. Si rende necessario, infatti che l’importo venga determinato prima dell’inizio del rapporto con atto avente data certa.
Altro aspetto importante da chiarire riguarda l’alternativa all’atto avente data certa, ovvero la previsione del TFM nello statuto societario. In questo caso una generica previsione statutaria che stabilisca il diritto al TFM non è sufficiente a consentire la deduzione dell’accantonamento. Soltanto nel caso in cui, invece, la relativa clausola contenga anche la misura dell’indennità o, più plausibilmente, individui parametri di natura oggettiva che consentano di determinare l’importo in questione, l’accantonamento potrebbe essere considerato deducibile, in quanto verrebbe rispettato il requisito della certezza ed evitato che l’importo del TFM venga rimodulato in funzione dei risultati dell’impresa. Ad esempio un parametro di natura oggettiva può essere quello di collegare l’importo del TFM all’importo del compenso amministratore percepito.
Il riconoscimento della data certa anteriore al rapporto, nelle società di capitali, si potrebbe alternativamente ottenere con (Circolare del 16 febbraio 2007, n. 10 Agenzia delle Entrate):
L’accettazione dell’amministratore deve avvenire in data successiva a quella in cui l’atto di nomina ha ricevuto data certa.
Altri aspetto sicuramente problematico nell’ambito del TFM riguarda la procedura di determinazione dell’importo dell’indennità spettante all’amministratore. Il punto di partenza del ragionamento parte dall’art. 105, co. 4 del TUIR, il quale rinviando al co. 1 prevede che l’accantonamento al TFR dei dipendenti sia deducibile in quote maturate in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti. Per tale ragione, l’accantonamento al TFR dovrebbe seguire le stesse disposizioni. Pertanto, un accantonamento al trattamento di fine mandato operato in misura superiore al compenso annualmente stabilito dall’amministratore, diviso 13,5, sarebbe fiscalmente indeducibile. Questo non significa che non si possa stanziare una somma di indennità superiore a tale importo, ma che tale importo non sarà deducibile nella misura in cui supera il limite sopra determinato.
Dal punto di vista giurisprudenziale (C.T. Reg. Piemonte 19.2.2020 n. 236/3/2020 e C.T. Reg. Piemonte 21.10.2020 n. 618/1/20) si è formato un orientamento nel ritenere che non è rinvenibile una norma che obblighi le società a dedurre l’accantonamento al TFM nelle forme e nei limiti previsti per i lavoratori dipendenti. Nelle sentenze si è ritenuto che l’applicazione di queste disposizioni agli accantonamenti al TFM sia frutto di una interpretazione analogica da parte dell’ufficio accertatore.
Pertanto, per effetto della mancanza di riferimenti o tabelle o altre indicazioni contenenti i limiti massimi di spesa, gli importi accantonati rimangono rimessi alla libera volontà delle parti, non essendo riconosciuto all’Amministrazione finanziaria uno specifico potere di valutazione sulla congruità degli stessi. Tale orientamento non sembra smentito dalla Risoluzione n. 124/E/2017 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui l’ammontare del TFM “è determinato, secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa“, mentre nulla viene precisato con riferimento ad eventuali soglie di deducibilità.
Per quanto riguarda, invece, il trattamento fiscale in capo all’amministratore, le indennità di fine mandato degli amministratori di cui all’art. 17 co. 1 lett. c) del TUIR:
Ai fini dell’individuazione del corretto trattamento fiscale in capo all’amministratore è necessario prestare attenzione all’atto avente data certa. Infatti, ai fini dell’applicabilità della tassazione separata (nel limite di 1 milione di euro) è necessario che il diritto all’indennità risulti da atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto. Questo significa che rimangono assoggettate a tassazione ordinaria le indennità risultanti da un atto redatto in costanza del rapporto, oppure senza data certa.
La ratio della possibilità, a determinate condizioni, di optare per la tassazione separata del TFM è legata al fatto di evitare la tassazione progressiva al IRPEF di un reddito maturato su vari anni, ma percepito in una sola annualità. In tutti i casi, la tassazione segue il criterio di cassa, con imposizione al momento della percezione.
Al verificarsi di alcune situazioni aziendali, specialmente nel caso in cui la situazione economica e patrimoniale non sia delle migliori, al posto di accantonare nuove quote di trattamento di fine mandato, l’amministratore può decidere di azzerare il debito già iscritto in bilancio, rinunciando all’accantonamento per fine mandato. Gli effetti fiscali di tale situazione sono diversi a seconda che l’amministratore, per il quale sia stato accantonato il TFM sia o meno anche socio della società.
Sulla tassazione del Trattamento di Fine Mandato in tema di rinuncia e di società estinta è intervenuta la Corte di Cassazione e l’Agenzia delle Entrate.
In caso di amministratore non socio la società ha dedotto negli anni gli accantonamenti senza che vi sia stata alcuna conseguenza fiscale in capo all’amministratore. La tassazione di tale compenso di fine rapporto scatta in capo allo stesso solo nel momento dell’effettivo incasso. Con la rinuncia la società iscriverà una sopravvenienza attiva tassata e nessuna conseguenza fiscale sorgerà in capo all’amministratore. La tassazione della sopravvenienza riequilibra la situazione: si sono dedotti gli accantonamenti e ora si tassa la rinuncia, restando del tutto neutra la figura dell’amministratore.
Del tutto diversa la situazione in cui l’amministratore sia anche socio della società. In questo caso la rinuncia al compenso da luogo ad una sopravvenienza attiva, che non dovrebbe essere tassata, ai sensi dell’articolo 88, comma 4 del DPR n. 917/86. Questa scelta è sicuramente consigliabile quando la scelta della rinuncia al trattamento di fine mandato avviene in periodi di scarsi risultati reddituali. Tuttavia, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 147/15, il quale ha introdotto il comma 4-bis dell’articolo 88 del DPR n. 917/86, il quale dispone:
La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tale fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore. In assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero. Nei casi di operazioni di conversione del valore del credito in partecipazioni si applicano le disposizioni dei periodi precedenti. Il valore fiscale delle medesime partecipazioni viene assunto in un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione. Al netto delle perdite sui crediti eventualmente deducibili per il creditore per effetto della conversione stessa.
Nell’Interpello n. 204 del 21 aprile 2022 l’Agenzia delle Entrate ha effettuato alcuni chiarimenti circa la tassazione del TFM per l’amministratore di una società estinta con erogazione del trattamento attraverso una polizza assicurativa precedentemente stipulata.
Il quesito era posto dal liquidatore di una società cancellata dal Registro delle Imprese della Camera di Commercio, il quale aveva appreso, dopo la cessazione, dell’esistenza di una polizza, stipulata dalla Società prima della cessazione, in “favore di un socio, procuratore della Società. Il quesito posto concerneva la possibilità o meno di effettuare il versamento delle Ritenute Fiscali da parte della Società estinta, provvedendo egli stesso in qualità di liquidatore.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le somme non potranno essere assoggettate a ritenuta in quanto alla data di erogazione la società risultava cancellata dal Registro delle imprese e quindi estinta.
La Cgt del Veneto con sentenza n. 943/01/2023 ha stabilito che anche nel caso in cui l’ammontare annuale dell’accantonamento al TFM venga deliberato successivamente all’istituzione dello stesso, la deduzione è legittima. Il caso analizzato è quello di una società che aveva deliberato, con atto avente data certa, l’istituzione del TFM agli amministratori. Questi, venivano nel tempo riconfermati, senza soluzione di continuità, ed una specifica delibera aggiornava l’importo del TFM attribuibile per ciascuna annualità. Secondo i giudici, essendoci di base la delibera istitutiva del trattamento di fine mandato con data certa avvenuta in modo precedente l’inizio dell’attività degli amministratori, questa è sufficiente nel caso in cui gli amministratori vengano riconfermati nel tempo senza soluzione di continuità.
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